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TFS Dipendenti Statali, quando viene pagato per chi va in Pensione?

lentepubblica.it • 4 Aprile 2018

tfs-dipendenti-stataliLavoratori del Pubblico Impiego in procinto di raggiungere la Pensione: quali sono le regole per la liquidazione del TFS dei Dipendenti Statali?


TFS Dipendenti Statali, quando viene pagato per chi va in Pensione? I lavoratori del pubblico impiego che aderiscono al cumulo dei periodi assicurativi dovranno prestare attenzione agli effetti controversi sulla buonuscita. Uno dei problemi che più impegna i lavoratori in procinto di raggiungere la pensione riguarda la neonata facoltà di mettere assieme la contribuzione presente in diverse gestioni previdenziali gratuitamente. Tale facoltà, riconosciuta dallo scorso anno con la legge 232/2016, è molto importante in quanto consente di anticipare l’uscita senza dover necessariamente far ricorso alla ricongiunzione onerosa oppure alla totalizzazione nazionale che è gratuita ma prevede il passaggio al sistema di calcolo contributivo.

 

Dallo scorso anno il cumulo può essere utilizzato per liquidare alternativamente la pensione di vecchiaia al raggiungimento dell’età anagrafica più elevata tra le gestioni coinvolte nel cumulo (ormai 66 anni e 7 mesi per tutte le gestioni Inps) e del relativo requisito contributivo previsto dall’articolo 24, co. 7 dal citato decreto (cioè 20 anni di contributi), oppure per liquidare la pensione anticipata al perfezionamento dei requisiti contributivi previsti dall’articolo 24, co. 10 del citato decreto (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi le donne).

 

Per i lavoratori del pubblico impiego però non sempre la strada del cumulo è quella più vantaggiosa dal punto di vista economico. I dipendenti pubblici, infatti, raggiungono i livelli retributivi più elevati in corrispondenza dell’età di collocamento in pensione ed hanno un sistema di calcolo della pensione particolarmente favorevole per le anzianità collocate temporalmente prima del 1993. Il cui importo viene ancorato alla base pensionabile posseduta al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Pertanto se ci sono anzianità contributive nell’AGO temporalmente collocate prima del 1993 prima dell’assunzione nel pubblico sicuramente va valutata la strada di una ricongiunzione presso la gestione pubblica. Questa operazione è onerosa ma occorre valutare anche il beneficio pensionistico che può arrivare sulla pensione. Infatti in questo modo si possono valorizzare ad un ritmo superiore quelle anzianità che nella gestione privata, con il cumulo, darebbero diritto a ben poco.

 

Il cumulo presenta anche un altro svantaggio. I termini per l’erogazione del trattamento di fine servizio o di fine rapporto non inizieranno a decorrere dalla data di cessazione del servizio come accade di regola ma dal raggiungimento teorico della pensione di vecchiaia secondo i requisiti Fornero. L’articolo 1, co. 196 dell’articolo 1 della legge n. 232 del 2016, prevede, infatti che il personale delle amministrazioni pubbliche che cessa dal servizio usufruendo di tale facoltà  è pagabile non prima di dodici mesi decorrenti dal compimento, da parte dell’interessato, dell’età anagrafica prevista dall’articolo 24, comma 6, del decreto legge n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011 e non dalla cessazione del rapporto di lavoro da parte dello stesso.

 

In tale fattispecie, pertanto, la prima tranche dell’indennità di fine servizio comunque denominata verrà corrisposta agli aventi diritto non prima dell’età di 67 anni e 7 mesi + 90 GG (al netto dei successivi adeguamenti alla speranza di vita). Resta inteso che la seconda tranche del trattamento di fine servizio (la quota cioè compresa tra i 50 e i 100mila euro) verrà erogata dopo ulteriori 12 mesi dalla prima. E la terza tranche, la quota cioè eccedente i 100mila euro, sarà liquidata dopo ulteriori 12 mesi dalla seconda. Chi esce, quindi, con la pensione anticipata attraverso il cumulo ad un’età anagrafica particolarmente ridotta dovrà mettere in conto uno slittamento non indifferente della buonuscita rispetto ad una ricongiunzione.

 

La totalizzazione nazionale, invece, è di regola ancora meno appetibile del cumulo perchè determina il ricalcolo del trattamento pensionistico con il sistema contributivo. Dunque a meno che si esca ad età avanzate (oltre i 65 anni) e si possano vantare retribuzioni elevate all’inizio della carriera lavorativa e più basse ai fini della misura della pensione (l’inverso di quanto accade generalmente) è preferibile il cumulo. Unico vantaggio della totalizzazione è che il lavoratore non dovrà sottostare allo slittamento dei termini di percezione della buonuscita.

 

Come si vede la scelta di quale strada seguire è particolarmente complessa e non si presta ad essere univoca per tutti i lavoratori. Ma sicuramente avere un’idea delle principali caratteristiche di questi strumenti è molto importante.

 

Fonte: Pensioni Oggi (www.pensionioggi.it) - articolo di Franco Rossini
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